“Come se non si avesse altra preoccupazione che la bellezza”, scrisse diversi anni fa un geografo francese, Henri Desplanques, in visita sulle colline tosco, umbre, marchigiane. In Umbria specialmente, questa vocazione alla bellezza non è solo un fortunato accidente paesaggistico, qui l’Olivo non è spontaneo, ma frutto di impegno millenario e passione quotidiana.”
Non è mica facile coltivare l’olivo in Umbria. La zona rientra in quella che, rispetto al classico areale di coltivazione, i tecnici chiamano sottozona fredda. E infatti le piante di olivo muoiono (o si ammalano) per gelo o altro, eppure gli olivicoltori umbri, fin dall’antichità (si risale facilmente agli Etruschi: probabilmente furono i primi coltivatori) hanno difeso questa piccola porzione di territorio (l’Umbria concorre con circa il 2% alla produzione nazionale), scegliendo come territorio di coltivazione sia le colline intercalate da valli alluvionali, oppure versanti montuosi della dorsale appenninica (il 41%) e solo una piccola parte di pianura (il 6%).
In Umbria l’olivo è un paradosso, da una parte l’olivicoltura è rimasta ai margini del processo di intensificazione culturale che ha caratterizzato l’agricoltura italiana, con problemi di sostenibilità economica degli oliveti, ma dall’altra ha conservato una bellezza arcaica, frutto del lavoro di generazioni di agricoltori.
Alcuni alberi hanno chioma ridotta e deformazioni del tronco: sono la conseguenza delle difficili condizioni pedo climatiche, le scalanature e le nodosità del tronco riflettono il complesso e articolato movimento delle radici sottoterra: scava e cerca acqua. Oppure gli olivi coltivati lungo la dorsale appenninica, anche questi piccoli, allevati a vaso cespugliato, sembrano bimbi indisponenti. Ancora, quelli dell’areale del Trasimeno. Qui, siccome il terreno e le condizioni sono più favorevoli, allora vedrete olivi con chioma più estesa, spesso allevati in maniera promiscua e irregolare (spettacolare è il contrasto tra il verde e il blu del lago).
Sappiamo infine che in Umbria c’è un forte legame tra olivi e religione, non si contano le apparizioni della Madonna tra gli olivi, ma questo è per chi crede. Gli altri possono tuttavia ammirare una rara consociazione, in Umbria quasi sempre si trovano insieme olivi e cipressi. Un’unione nata per caso e comunque esempio di un perfetto simbolismo: è vero che il cipresso si staglia verso il cielo, ma quando viene tagliato non ricresce e difatti è simbolo di mortalità. Al contrario, l’Olivo non si staglia ma è una di quelle piante capaci di superare tutte le avversità, e sì, danneggiato dal gelo, dal fuoco, coltivato su terreni impervi, scoscesi, pietrosi, l’olivo riesce a ricacciare e ricresce.
Intorno ai cimiteri, in consociazione con il cipresso, l’olivo stabilisce il limite tra la mortalità e l’immoralità, tra la vitae la morte, mentre nei campi rappresenta la mutevolezza dell’ambiente, le fortune e i suoi ribassi, insomma la nostra natura umana, contorta, piena di nodi, sofferente, fragile, rovinata dagli elementi e in qualche modo resistente e quindi bella e infatti, in Umbria, si coltiva l’Olivo come se non si avesse altra preoccupazione che la bellezza.
Per saperne di più: https://www.ibs.it/umbria-guide-ai-sapori-piaceri-libro-vari/e/9788883716720?lgw_code=1122-B9788883716720&gclid=EAIaIQobChMI8InSq-r08gIVgdd3Ch3digClEAYYAyABEgLngvD_BwE