La celiachia – ci spiega Sergio Saia- ha a che fare con il glutine e attualmente l’unica strategia affinché un celiaco non abbia problemi è quella di escludere il glutine (e anche alcune altre proteine) dalla propria dieta. Per fortuna, solo una piccolissima frazione della popolazione è affetta da celiachia. La percentuale è in media intorno all’1% in Italia ma si stima possa essere più alta. Ad ogni modo, per poter diventare celiaci, serve avere dei geni di predisposizione e meno del 40% degli italiani ha questi geni. Peraltro, avere i geni di predisposizione non è affatto sufficiente per diventare celiaci e gli effetti scatenanti non sono del tutto chiari.
Se da un lato la celiachia è una condizione patologica ben definita, lo stesso non si può dire del marasma di intolleranze o sensibilità al glutine riferite da più parti. In effetti potrebbe esistere un’intolleranza di tipo non celiaco al glutine, ma nella stragrande maggioranza dei casi riferiti dalle persone, tale intolleranza è autodiagnosticata. Spesso le persone credono di avere malattie e le attribuiscono erroneamente a una o l’altra causa. Nei fatti, comunque, tale intolleranza è molto difficile da diagnosticare.
Per combattere la celiachia sono tornati di moda i grani antichi: il nome stesso fa attribuire agli stessi poteri taumaturgici. Le persone si innamorano spesso del nome “antichi” e grazie a quel nome sentono sapori e profumi che quel prodotto non ha affatto. I grani antichi non sono da buttare. Anzi, tutt’altro. Sono un’importante riserva di “geni” per il miglioramento genetico e aiutano a aumentare la variabilità genetica dei frumenti coltivati. Inoltre, possono anche avere particolari caratteristiche. Ma spesso, di fronte a un panel test in cui i panelisti sono ignari di cosa stiano assaggiando, non vengono affatto ritrovati tali sapori. Anzi, spesso risultano meno graditi dei pani o pasta di grani moderni.
Ora il glutine dei grani antichi è quasi sempre meno tenace di quello dei grani moderni. Anche in questo caso, qualcuno ha sollevato l’ipotesi, del tutto infondata, che un glutine meno tenace sia più digeribile, ma non esiste alcuna evidenza di ciò.
La tenacità, d’altro canto, è una misura strumentale che si fa con impasti (farina o semola, acqua, sale), mentre la digeribilità dipende dalle condizioni del tubo digerente: un processo di masticazione, un pH molto basso nello stomaco, presenza di enzimi nell’intestino, senza contare che spesso mangiamo il pane o la pasta insieme a condimenti vari che possono intervenire molto nella digeribilità del prodotto: insomma, il glutine dei grani antichi quindi non è per niente più digeribile di quello dei grani moderni.
Del resto, i celiaci non reagiscono a tutto il glutine (ossia a tutta la sequenza degli amminoacidi che lo formano), ma solo ad alcuni “pezzi”. Tali pezzi sono stati chiamati “epitopi tossici” in quanto in prove in vitro è stato osservato che sono questi pezzi a cui la mucosa intestinale reagisce. E occhio, questo vale per i celiaci, non per tutti. Coi grani antichi è arrivata anche un’altra bufala: ossia sostenere che siano meno “allergenici” rispetto ai moderni. Ma ironia della sorte, il glutine è un complesso formato da due proteine, le glutenine e gliadine.
Ora, la tenacità dipende molto dalle glutenine e nel miglioramento genetico il rapporto tra glutenine e gliadine è aumentato, ma gli epitopi tossici sono contenuti prevalentemente nelle gliadine, che sono più presenti nei grani antichi.
Il fatto è che il frumento, come ogni specie, cresce grazie alla fotosintesi. La fotosintesi dipende da molti caratteri (esempio la disponibilità di acqua e nutrienti, le temperature, la durata della stagione di crescita e ovviamente anche il genotipo). Il contenuto proteico della granella (e in ultima analisi di glutine, essendo questo una frazione abbastanza stabile delle proteine della granella) dipende da quanto azoto la coltura riesce ad assorbire e portare nella granella. L’azoto viene poi “convertito” in proteine.
I due processi (fotosintesi e accumulo di azoto) possono quindi avere decorsi diversi. Con il miglioramento genetico abbiamo aumentato moltissimo il potenziale produttivo delle varietà di frumento (e non solo), ma non siamo riusciti a intervenire molto sulla sua capacità di assorbire l’azoto e traslocarlo alla granella. Risultato? I grani antichi assorbono circa la stessa quantità di azoto rispetto ai moderni, ma spesso hanno una produzione inferiore del 30-70%. Ergo, i grani antichi “concentrano” meglio l’azoto nella granella e infatti hanno per questa ragione molte più proteine e quindi più glutine rispetto ai moderni. E tale glutine è meno tenace e con maggiore presenza relativa di gliadine (e quindi epitopi tossici).
https://www.ilpost.it/antoniopascale/2021/10/12/a-proposito-di-pane-fantasie-e-bugie/