Molte persone amano le automobili, soprattutto quelle sportive (compreso il sottoscritto, anche se giro in monopattino) ma ignorano la bellezza delle macchine agricole, come il trattore ad esempio.
Le invenzioni che hanno cambiato il mondo sono decine e decine (anche se non molto raccontate) e il trattore è tra queste: molti contadini italiani degli anni ’50 hanno potuto studiare perché il trattore ha lavorato per loro, alcuni si sono anche sposati quando, a proposito di macchine agricole, sono riusciti a comprarsi la spandi letame, una macchina che limitava il contatto tra l’uomo e il letame, diminuendo così la possibilità di puzzare di stallatico, una caratteristica che ha stigmatizzato molti contadini con il poco nobile giudizio: quello lavora nella stalla.
Di recente l’Economist con un bel saggio (che qui riassumiamo) ha messo in fila alcuni dati che ci fanno capire la forza del trattore che un po’ come la locomotiva ha portato lentamente il mondo su un binario diverso, generando un notevole aumento di Pil, l’8%, lo stesso aumento che secondo alcuno potrebbe portare l’Ai. Ma vediamo in dettaglio.
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Chi ha inventato il trattore è ancora oggetto di contesa: forse Richard Trevithick, un ingegnere britannico, nel 1812. O forse John Froelich, che lavorò nel South Dakota all’inizio degli anni Novanta dell’Ottocento. Sicuro è che la parola “trattore” era poco utilizzata fino all’inizio del XX secolo e c’è voluto tempo sia per coniare la parola ma soprattutto per sostituire i cavalli e muli e i muli con le macchina
Gli studi di Vcal Smil dimostrano che ancora nei primi decenni del 1800, quando Napoleone scorrazzava in Europa, l’energia meccanica che muoveva quel miliardo scarso di persone al mondo era fondata al 90% sui muscoli, tra quelli umani (la maggioranza) e quelli animali. Ciò vuol dire che cavali e muli trainavano ogni giorno una serie impressionante di attrezzi agricoli, dagli aratri alle mietitrici.
Un’energia inefficace, si trattava di energia chimica (derivata dalle calorie) trasformata in energia meccanica. Dunque, dovevamo mangiare per lavorare, non solo noi, pure i cavalli. E siccome mangiavano poco, lavoravano la terra in tanti per produrre poco: ricordiamo a mo’ di esempio che la resa media dei cereali è rimasta invariata per millenni, da un ettaro di terreno si otteneva una tonnellata di cereali, media ancora oggi ottenuta in alcuni paesi africani che non hanno a disposizione concimi, trattori, nemmeno miglioramento genetico.
Le transizioni energetiche sono lentissime – ci dice Vcal Smil, e infatti è pur vero che il trattore ha avuto un impatto immenso sulla vita delle persone, ma non ha mica soppiantato gli animali di botto. Anzi.
Per gran parte della prima metà del XX secolo, i cambiamenti indotti dai trattori non furono molto profondi: il trattore si diffuse nell’economia americana lentamente. Nel 1920, nonostante le recensioni entusiastiche del Prairie Farmer (un antico settimanale agricolo, fondato nel 1841) solo il 4% delle aziende agricole americane possedeva un trattore (vedi grafico). Ancora nel 1940 i proprietari di trattori erano appena il 23% – eppure negli anni ’10 molti uomini d’affari si erano riversati nel settore della produzione di trattori, sperando di guadagnare velocemente e tanti furono costretti a chiudere.
Bisogna ripetere questo concetto ad libitum, per porsi obiettivi concreti: le transizioni energetiche sono lente, il cavallo resistette per un tempo sorprendentemente lungo. Per gran parte degli anni ’30 la capacità produttiva totale degli equini – letteralmente, la potenza – nelle fattorie americane superava ancora quella dei trattori. Nel 1945 un quarto delle aziende agricole presentava sia animali da tiro che trattori. La lenta diffusione del trattore produsse lenti incrementi di produttività. I dati sono discontinui, ma nella prima metà del XX secolo la crescita annuale della produttività in agricoltura probabilmente non ha mai superato il 3%. L’effetto dell’8% del Pil è reale, ma si è fatto sentire solo nel corso di decenni.
Il faticoso progresso del trattore sembra uno dei grandi enigmi della storia economica. Se erano così buoni, perché i contadini non li acquistavano più velocemente? Non erano luddisti che resistevano alle nuove tecnologie per principio. È vero, i gruppi di lobby anti-trattori, come la Horse Association of America, hanno avvertito che acquistarne uno avrebbe fatto finire l’agricoltore in debiti ingestibili. Ma negli anni ’10 e ’20 molti agricoltori senza trattore possedevano automobili, suggerendo che erano disposti a provare nuove tecnologie. Nel 1917 la rivista Power Farming pubblicò lettere di 15 agricoltori che utilizzavano trattori. Probabilmente sono stati sollecitati, ma queste lettere hanno esortato altri a seguire l’esempio.
Un enigma che si può tuttavia spiegare con tre ragioni. Innanzitutto, le prime versioni della tecnologia erano meno utili di quanto si credesse inizialmente e dovevano essere migliorate. In secondo luogo, l’adozione ha richiesto cambiamenti nei mercati del lavoro, che hanno richiesto tempo. E in terzo luogo, le aziende agricole dovevano trasformarsi.
I primi trattori del 1900 erano dei colossi. Erano utili per l’aratura e poche altre cose, ma non per coltivare i campi. Molti dei primi modelli avevano ruote in metallo, non pneumatici, quindi rimanevano bloccati nel fango. Erano anche costosi. Tra il 1910 e il 1940, tuttavia, le macchine divennero più versatili e più piccole, rendendole adatte a una gamma più ampia di compiti.
Nel 1927 John Deere lanciò un sollevatore elettrico per i suoi modelli. Ciò significava che un agricoltore poteva tirare una leva per sollevare un attrezzo (come un aratro), invece di farlo manualmente. Gli pneumatici in gomma arrivarono intorno al 1933. Per molto tempo il trattore universale non riuscì a meccanizzare i raccolti di mais e cotone. Si dovettero aspettare gli anni ’20 e l’America per avere macchine in grado dir accogliere il mais e la fine della Seconda guerra mondiale per le macchine adatte a raccoglier il cotone.
I salari erano la seconda causa che spiega il lento progresso del trattore. La tecnologia equina era ad alta intensità di manodopera: i cavalli necessitano di alimentazione, pulizia e cure mediche, anche quando non lavorano. All’inizio degli anni ’30, durante la Depressione, i salari reali medi nel settore agricolo diminuirono. Quindi per molti agricoltori è diventato più facile assumere qualcuno per gestire un cavallo (si poteva sempre licenziarlo) piuttosto che spendere una fortuna per un trattore. Ma con la Seconda guerra mondiale, la carenza di manodopera aumentò, portando i salari reali ad aumentare rapidamente. All’improvviso, le macchine sembravano un affare migliore.
Il terzo fattore è stata la ristrutturazione aziendale. I trattori funzionavano meglio nelle grandi aziende agricole, dove l’agricoltore poteva distribuire le spese di un ingente investimento iniziale. Di conseguenza, l’ampliamento delle loro proprietà e l’acquisto di un trattore erano due facce della stessa medaglia. In un sondaggio condotto nell’Illinois nel 1916, ad esempio, gli agricoltori che utilizzavano i trattori con profitto parlavano anche di aumentare la loro superficie coltivata. Ma far crescere un’azienda agricola richiede tempo. Un agricoltore che desiderava espandersi doveva raccogliere il capitale necessario e poi negoziare l’acquisto con i proprietari.
Ora possiamo fare un bilancio dell’impatto del trattore, nel bene e nel male. Il bene: grazie al trattore una data quantità di terreno agricolo poteva sfamare più persone. Gli agricoltori proprietari di trattori non avevano più bisogno di pascolare i cavalli, ciascuno dei quali necessitava ogni anno di un ettaro e più di terreno coltivato per il foraggio. Il male: sappiamo tuttavia che i trattori hanno contribuito a creare la Dust Bowl degli anni ’30. Le grandi tempeste di polvere, raccontate da Steinbeck.
Con i trattori si aravano con facilità le Grandi Pianure: una tecnologia potente da usare con cautela ma la cautela non è facile da mettere in pratica, così con arature sbagliate molti terreni persero l’umidità naturale e si crearono condizioni di generalizzata siccità in vaste aree, più terreno secco più nuvole di polvere si alzavano – solo verso la metà degli anni ’30, fu introdotta una tecnica relativamente nuova chiamata contour farming, che consisteva nell’usare veicoli a motore per arare orizzontalmente attorno alle colline anziché verticalmente, a salvare la giornata. Inoltre, gli agricoltori hanno iniziato a piantare alberi come “frangivento” in posizioni strategiche.
Siccome i conti – dice un detto popolare- si fanno alla fine, ad oggi possiamo sostenere che la maggiore efficienza offerta dai trattori ha consentito agli agricoltori di espandere le proprie attività, poiché potevano gestire più terreni con lo stesso numero di lavoratori. Le aziende agricole iniziarono a crescere di dimensioni, tanto è vero che le aziende agricole a conduzione familiare più piccole cedettero il posto a quelle più grandi e meccanizzate.
Difatti, secondo una stima, nel 1960 la fattoria americana media era di 23 ettari più grande di quanto sarebbe stata senza i trattori. Il trattore ridusse anche il numero di lavoratori necessari per produrre cibo di circa 2 milioni, ovvero del 25% dell’occupazione agricola nel 1960. Tutti questi miglioramenti si sommarono. In un articolo pubblicato nel 2012 Richard Steckel e William White, due economisti, hanno sostenuto che verso la metà degli anni ’50 la meccanizzazione agricola aveva aumentato il Pil americano di circa l’8%.
A proposito di trattore, questa macchina è stata l’IA del tempo? Forse il paragone è azzardato, per chiudere possiamo riflettere sul fatto che sì, il trattore ha portato a una rivoluzione, e in tanti con l’IA si aspettano una rivoluzione ancora più forte- il gruppo Goldman Sachs ritiene che l’intelligenza artificiale generativa potrebbe aumentare il pil globale annuo del 7% in dieci anni. Alcuni economisti ora parlano di “crescita esplosiva”. Altri sostengono che tra non molto i posti di lavoro verranno eliminati a milioni. Eppure, la storia economica del trattore mette in dubbio queste previsioni.
La storia del trattore, infatti, suggerisce quanto velocemente l’intelligenza artificiale generativa potrebbe prendere il sopravvento. Come la macchina agricola di un tempo, momento la maggior parte dei modelli di IA hanno ancora ruote in metallo, non pneumatici in gomma: non sono sufficientemente veloci, potenti o affidabili per essere utilizzati in ambienti commerciali. Negli ultimi due anni i salari reali non sono quasi cresciuti a causa dell’impennata dell’inflazione, limitando gli incentivi delle aziende a trovare alternative al lavoro. E le aziende non hanno ancora abbracciato la riorganizzazione su vasta scala delle loro attività e dei dati interni, necessaria per sfruttare al meglio i modelli di intelligenza artificiale. Non importa quanto valida possa essere una nuova tecnologia, la mora è sempre quella: conta solo il tempo, quello necessario alla società di adattarsi all’innovazione: tempo, insomma, forse molto tempo.