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Home Alla ricerca della madeleine perduta

Oriana Conte, editrice di SuiGeneris

da Redazione
02/03/2023
in Alla ricerca della madeleine perduta
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Il mio cibo dell’infanzia sono i carciofi arrostiti. Di cui rigorosamente mangiavo solo le foglie, lasciando il cuore, a detta di molti la parte migliore. Era il piatto che arrivava a tavola durante le feste natalizie dopo portate luculliane. Le addette al cenone di Natale sono sempre state mia madre e mia zia Anna, di cui ho orecchiato innumerevoli conversazioni telefoniche che andavano più o meno così:

Cosa facciamo quest’anno? Scacciate? Quante? Meee… così assai! Sì, certo anche quella con la tuma. Salsiccia e patate? Sì, condita e semplice. Perché gli involtini, no? Solo al pistacchio. Anche qualcuno alla cipolla. Pizza. Ok. Quella anche per i bambini, solo rossa. Però un po’ di pesce bisogna farlo. No, dai il pesce no. Pure le anguille? Ma chi se le mangia? Per gli ospiti, giusto un poco. Ma per forza? Non è troppo? No, non è troppo.

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È sempre stato troppo. 

I carciofi arrostiti arrivavano in una teglia laminata gigante, neri di sotto del fumo della brace, profumati d’aglio, prezzemolo, e colanti olio fresco. E trovavano una tavola provata, stanca, con bottoni dei pantaloni sotto sforzo. In un silenzio dopo la battaglia, echeggiavano mugugni di stanchezza. I miei occhi invece riprendevano vita, un sorriso enorme mi si stampava in viso, finalmente il piatto forte. Da tradizione, mi viene accostato, così come si avvicina un gioco a una bambina. Ne ho sbucciati una marea. E infatti è un piacere lento e metodico staccare foglia, dietro foglia, e assaporare un pizzico di perfezione. Si formava poi un piccolo gruppo di adulti appollaiati, i miei fratelli, qualche cugina, zio o zia a cui potevo concedere il frutto del mio sforzo, il cuore. Ti perdi il meglio, mi sussurravano. Mi piaceva e mi piace anche questo piccolo gesto d’amore, cedere qualcosa di mio, qualcosa di buono a qualcun altro. È anche un cibo che segna il passaggio dall’infanzia all’età adulta, quando ho iniziato ad assaggiare e sono diventata affamata di scoprire cosa c’è sotto la superficie delle cose, senza paura di togliere la fuliggine e andare dritta al cuore. 

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