Quali sono le regioni che coltivano maggiormente l’uva da tavola?
Le regioni dove si coltiva maggiormente uva da tavola in Italia sono la Puglia e Sicilia. A seguire Lazio, Abbruzzo e Sardegna. La totale superficie produttiva tra le prime due regioni si aggira intorno a 47.248 ettari, dato del 2022, precisamente 24.905 ettari in Puglia e 18.756 in Sicilia.
Com’è la situazione filiera italiana?
La filiera dell’uva da tavola italiana sta vivendo un forte momento di evoluzione dovuto all’innovazione varietale e precisamente varietà che producono bacche senza semi (apirene). Il processo di conversione a tali varietà è iniziato in Puglia all’incirca 12-15 anni fa, determinando cambiamenti non solo delle produzioni in campo, ma anche della commercializzazione e vendita verso il consumatore finale. Le varietà apirene, la maggior coperte da privativa vegetale (brevetto), provengono da Breeder Internazionali e fondi di investimento che hanno da tempo investito in programmi di miglioramento genetico, ottenendo varietà aventi performance agronomiche e caratteristiche organolettiche superiori rispetto alle tradizionali varietà coi semi. In Sicilia invece, da pochi anni si registra un lieve aumento delle produzioni di uve apirene, mentre la maggior parte degli agricoltori e operatori commerciali preferisce lavorare varietà con i semi stabilite ormai da tempo, nel loro territorio.
Ok, poi vorrei tornare su questo aspetto…mi racconti un po’ in generale (ovvio) la tecnica colturale? Dall’impianto alla raccolta? Concimate? Diserbate?
L’uva da tavola è una coltura ad alto reddito e necessita per la sua coltivazione di un processo progettuale ben definito che va dalla scelta del sito produttivo, al tipo di struttura del vigneto, fino alla scelta varietale.
Va bene, cominciamo dal principio allora.
La valutazione del sito produttivo consta nella verifica delle condizioni pedo-climatiche che devono essere idonee allo sviluppo della vite da tavola. In prossimità delle coste marittime, ad esempio, vengono coltivate varietà a raccolta precoce a differenza di zone di produzione più interne dove la maturazione e raccolta viene posticipata di qualche mese.
Poi?
La preparazione del terreno in alcuni aerali caratterizzati da suoli rocciosi di origine calcarea, necessità di lavorazioni meccaniche con potenti martelli pneumatici e frangi pietra che consentono di ottenere un franco di coltivazione di 80-100 cm; questo per garantire la formazione di un apparato radicale espanso e profondo.
Le forme di allevamento?
La forma di allevamento è quella a “tendone”, caratterizzata da sostegni lignei infissi nel terreno a quadrato e collegati tra loro con fili metallici a formare delle campate di altezza variabile fra i centottanta e i duecentoventi centimetri, al fianco dei quali si fa crescere il fusto della vite e la relativa vegetazione. Il perimetro è costituito da strutture metalliche portanti (chiamate tiranti) formate di fili di ferro zincati di diverso diametro che sostengono l’intera struttura.
Qual è la caratteristica dell’allevamento a tendone?
L’allevamento a tendone ha come caratteristica essenziale la netta separazione fra la zona produttiva e quella vegetativa. La vegetazione si dispone al di sopra del “tetto” della pergola e la fruttificazione al di sotto: i grappoli maturano al riparo dall’irraggiamento diretto del sole. Si evitano, nelle condizioni climatiche del Sud Italia, turbe nella fisiologia degli accumuli di zuccheri, scottature e diversità di colorazione tra il grappolo esposto al sole e la parte non interessata. Si ottiene altresì una buona sistemazione degli organi della fruttificazione al fine garantire l’efficacia dei trattamenti fitosanitari.
E le strutture plastiche a che servono?
Sulla struttura a tendone vengono applicati i sistemi di copertura, rete antigrandine e materiale plastico (LDPE – polietilene a bassa intensità) che hanno la funzione di protezione da eventi climatici avversi e, nel caso di realizzi un apprestamento protettivo di tipo chiuso, di anticipare la maturazione di varietà precoci. L’impianto irriguo che viene utilizzato è a microportata, montato sulla struttura a tendone ed è costituito da ale gocciolanti disposte su ogni fila.
Altre gestioni?
Per la gestione fitosanitaria la nostra filiera è proiettata verso l’innovazione digitale e tecnologica. Concimazioni, irrigazioni e trattamenti fitosanitari vengono coordinati attraverso dei sistemi di supporto alle decisioni (DSS – Decision Support System), software tecnologici di elaborazione dati, che aiutano agricoltori e agronomi nel “processo decisionale”. Questa tecnologia permette di adottare strategie più efficienti e razionali relativamente all’utilizzo di fertilizzanti, prodotti fitosanitari e acqua per uso irriguo.
Veniamo al diserbo?
Il controllo delle infestanti nella maggior parte dei casi non prevede l’applicazione di diserbanti ma lavorazioni meccaniche del suolo o l’utilizzo di inerbimenti, tecnica ecocompatibile di gestione del suolo che mira alla formazione di una copertura erbosa che può essere di tipo spontaneo se ottenuta naturalmente o artificiale se effettuata con semina. La recente diffusione dell’inerbimento controllato nelle diverse aree viticole italiane ha messo in evidenza una serie di effetti positivi sia sotto l’aspetto qualitativo delle uve sia sotto l’aspetto tecnico-funzionale della gestione a protezione del suolo. La presenza del manto erboso risulta utile per ridurre fenomeni negativi quali l’erosione idrica del terreno e la lisciviazione dei nitrati. Ultimamente questo tipo di pratica è stata oggetto di approfonditi studi volti a comprenderne i reali e potenziali benefici, su larga scala.
La raccolta?
La raccolta delle produzioni rappresenta una delle fasi più delicate considerando che per l’uva da tavola come qualsiasi altro frutto è importante garantire un’ottima qualità basata su parametri visivi (colore, pezzatura, assenza difetti estetici) e chimico – fisici (croccantezza, sapore, gusto, etc). Negli ultimi anni il confezionamento dell’uva da tavola ha aumentato il suo grado di complessità con l’introduzione di nuovi imballaggi.
Di recente la nuova proposta di Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio, pubblicata il 30 novembre 2022 dalla Commissione UE che ha l’obiettivo di ridurre gli imballaggi eccessivi soprattutto quelli in plastica. Per verdura e frutta fresca, infatti, non sarà possibile commercializzare confezioni monouso che abbiano un peso inferiore ad 1,5 kg.
Che problemi lamentano i coltivatori? E che strumenti abbiamo per affrontarli?
La filiera dell’uva da tavola da circa un decennio sta convertendo le produzioni da varietà con i semi a varietà “apirene” (senza semi), per lo più brevettate da pochi e grandi gruppi internazionali.
Immagino sia un problema?
Le nuove varietà hanno influenzato anche la commercializzazione dell’uva da tavola introducendo un sistema di filiera detto a “club” dove gli agricoltori vengono sub-licenziati a produrre varietà brevettare da marketers o distributori che sono autorizzati dai breeders per la commercializzazione.
Questo cosa ha comportato?
Da un lato, tale sistema ha indotto il comparto a riorganizzarsi in gruppi di lavoro che coerentemente con quello che è il concetto di filiera corta, vanno dall’agricoltore che produce e conferisce varietà brevettare, al commerciante licenziatario che confeziona e vende alla grande distribuzione.
Dall’altra?
Dall’altro, come una minaccia e un limite perché gli agricoltori non possono liberamente decidere quale varietà impiantare se non autorizzati da chi detiene i brevetti. Insomma, se non si vuole aderire a tale sistema si rischia di rimanere fuori e isolati visto che il trend del mercato dell’uva da tavola è sempre più incentrato verso il consumo di varietà seedless brevettate.
Ok
Il dato di fatto è che l’innovazione varietale ha rimosso l’ingranaggio della produzione e commercializzazione nazionale dell’uva da tavola considerando che, tali varietà sono più performanti in campo e hanno maggior valore sul mercato. L’Italia che prima esportava le “sue” varietà, oggi si ritrova a dover sgomitare in un mondo globalizzato esportando o vendendo varietà che vengono prodotte in tutto il mondo. Poi c’è un altro tema…
Quale?
La mancanza di manodopera necessaria per svolgere tutti i lavori in campo e negli opifici addetti al confezionamento è commercializzazione. Per un frutto come l’uva da tavola è importante assicurare determinate lavorazioni per garantire qualità. Dietro un bel grappolo c’è tanta dedizione ed esperienza. Il comparto ortofrutticolo come anche quella della viticoltura da tavola in uno scenario di veloce cambiamento dovrà fare i conti con i cambiamenti climatici, la scarsità di risorse naturali, l’aumento dei costi di produzione, la globalizzazione che determina una maggiore pressione competitiva, etc. Per far fronte a tutto questo, l’agricoltore del futuro sarà certamente un professionista imprenditore che lavorerà con modelli di produzione differenti da quelli tradizionali, che utilizzano tecnologie digitali, sistemi di supporto alle decisioni, reti commerciali più efficienti ed organizzate. Un imprenditore agricolo in grado di guadare avanti con professionalità e competenza.
Vuoi concludere con un appello?
L’uva da tavola è sicuramente un frutto che ha futuro. Un sondaggio del The Packer’s Fresh Trends – http://digitaledition.qwinc.com/publication/?m=40749&i=741354&p=6&ver=html5 – conferma anche per il 2022, l’uva da tavola come terzo frutto più popolare (pari a quello delle mele) dopo fragola e banana. La nuova agricoltura si pone obiettivi che vanno oltre la capacità di produrre. La PAC (politica agricola comunitaria) infatti, incentra le proprie strategie su aspetti sociali, ambientali ed economici; dalla biodiversità, tutela dell’ambiente, all’utilizzo di moderne tecnologie ed innovazioni, tutti progetti lungimiranti che fanno parte di un’agricoltura dinamica e futuristica.
Per quanto detto sinora, concludo facendo appello agli amministratori locali e regionali in particolare di regioni o aree vocate all’agricoltura come la viticoltura da tavola, di programmare e promuovere attività che abbiano lo scopo di attirare giovani in agricoltura e stimolare ad esempio, il ricambio generazionale, considerando che gli ultimi dati Istat evidenziano una scarsa scolarizzazione ed un’età avanzata dei titolari d’azienda. L’impresa agricola che pianifica in modo corretto il passaggio generazionale ha ottime prospettive future.