Cosa è successo durante questo Annus horribilis? Frutta e verdura, come sono andate? Visto anche il cambiamento degli stili di vita imposto dall’emergenza sanitaria? Ce lo spiegano i dati Ismea-Nielsen. Non è stato proprio un Annus mirabilis per il settore e tuttavia. Prima cosa la Covid 19 ha impattato sulle abitudini alimentari degli italiani: meno consumi fuori casa e più acquisti retail per i pasti entro le mura domestiche.
Dunque, nel 2020, si è registrato un incremento senza precedenti degli acquisti retail anche di prodotti ortofrutticoli, grazie anche alla filiera che dal punto di vista strutturale ha retto bene, per esempio i timori venuti fuori nella fase iniziale del primo lockdown, che parlavano di carenza di manodopera specializzata, ecco quelli sono venuti meno. Quindi, diciamo così, un’offerta costante nonostante alcune importanti produzioni siano state pesantemente limitate da problemi legati a un andamento climatico sfavorevole. È il caso, ad esempio, di arance e clementine che nella campagna 2019/2020 hanno registrato una produzione particolarmente scarsa e di pesche e nettarine, il cui livello produttivo nel 2020 è stato ridimensionato dalle gelate primaverili. In molti di questi casi il vuoto d’offerta registrato è stato colmato da un incremento delle importazioni.
Vediamo l’ortofrutta, nel 2020, si regista un aumento dei volumi acquistati: + 4% i freschi e +5,7% i trasformati. Disaggreghiamo questi dati? Dunque, tra i prodotti freschi, si registra il boom degli acquisti di patate (+15%) e ortaggi (+9%) ma anche le vendite di agrumi (+2,2%) e frutta a guscio (+5,7%). Di contro, hanno subito una battuta d’arresto gli acquisti di insalate e verdure di IV gamma e di frutta (-2,1%).
Del resto, se hai più tempo e stai a casa, più facilmente ti lavi l’insalata (vedi alla voce, forse non tutti sanno che…). Ancora: per i prodotti ortofrutticoli trasformati, le vendite sono aumentate, trainate dalle conserve di pomodoro (+10,6%) e dagli ortaggi surgelati (+8,3) ma sono andate bene anche le vendite di conserve vegetali e di frutta conservata, con la sola eccezione dei succhi di frutta il cui consumo domestico si è ridotto dell’1,2%. Anche qui, stesse motivazioni: le conserve di pomodoro sono alla base del piatto più diffuso in Italia e quindi si è mangiata più pasta perché c’era più tempo. Stessa storia per gli ortaggi surgelati. Se tutta la famiglia è a casa, a volte conviene attingere alla scorta, pur se è congelata. C’entrano anche le marmellate hanno aiutato a risolvere il problema della colazione e delle merende.
Meno bene gli scambi con l’estero che rallentano: -3,8%le importazioni e -5,4% le esportazioni. La pandemia ha sicuramente avuto un effetto sulla riduzione degli scambi, in particolare per le importazioni di quei prodotti maggiormente legati al consumo extra domestico come fragole (-9%), ananas (-17%) e lime (-8%). Ma la contrazione dei quantitativi importati è imputabile anche alla maggiore disponibilità di prodotto nazionale, come ad esempio nel caso di uve (-15% l’import), limoni (-18%), patate (-7%), pomodori (-15%), zucchine (-20%), peperoni (-18%), cetrioli (-14%), insalate (-14%), cipolle (-21%) e carote (-24%). Analogamente, la contrazione delle esportazioni di alcuni prodotti è essenzialmente riconducibile alla minore produzione nazionale. Comunque, questi dati forniscono un interessantissimo caso di studio e sono spiegati e raccontati molto bene dal quarto rapporto sulla domanda e offerta dei prodotti alimentari nel periodo di contenimento del virus, a cura di ISMEA.
http://www.ismeamercati.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/11273