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Home Forse non tutti sanno che

L’antropologa Lucia Galasso (la “Piero Angela del Pane”) nel suo libro: Storia e Civiltà del pane (Espress edizioni), ci racconta del pane più antico che c’è.

da Redazione
01/02/2023
in Forse non tutti sanno che
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È stato fatto nel nostro paese un ritrovamento che ha riscritto la storia antica: una macina e un macinello – provenienti da un sito paleolitico – che presentano residui di farina di tifa (Thypha latifolia). Il sito archeologico è quello di Bilancino (Barberino di Mugello, Firenze), la datazione dei reperti risale a circa 30.000 anni fa, e ci permette di dedurre che l’uomo preparava cibi vegetali complessi ben prima di diventare un agricoltore stanziale. Lo studio dei resti microscopici vegetali ci ha permesso di avere un quadro più complesso della vita sociale ed economica di 30.000 anni fa, dimostrando la capacità di Homo sapiens di produrre, conservare e trasportare un alimento: la farina, che doveva poi essere cotta per essere resa digeribile ed energetica.

La macina rinvenuta nel sito di Bilancino è stata campionata raccogliendo i residui conservati all’interno delle tracce di abrasione. Le analisi al microscopio elettronico hanno permesso di riconoscere i vari tipi di granuli di amido, prodotti dalla macinazione di vegetali selvatici, ma soprattutto della tifa.

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Per comprendere se e come fosse possibile produrre della farina di tifa, è stato ricostruito l’intero processo di lavorazione, proprio come richiede l’archeologia sperimentale. Alla fine dell’estate sono stati raccolti i rizomi della tifa, nel momento in cui sono più ricchi di amido. I rizomi, ovvero la parte basale del fusto della tifa, una volta essiccati sono stati macinati con una replica della macina e del macinello ritrovati a Bilancino. La farina ottenuta è stata impastata con acqua e stesa per creare delle gallette. Infine, le gallette sono state cotte sul focolare ricostruito sulla base di quello trovato nello scavo archeologico.

La macinazione di Bilancino è attualmente la più antica conosciuta, la sua scoperta ha fornito elementi nuovi per la comprensione delle popolazioni preistoriche. Alla luce di questa scoperta, la lavorazione delle piante a scopo alimentare non è più un’innovazione del neolitico, bensì il risultato di un processo adattivo nato almeno 15.000 anni prima dell’agricoltura (Reverdin, Arangure e Santiello, 2016).

(Per gentile concessione di Espress edizioni)

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