Nel 1849 Tolstoj apre una scuola votata all’insegnamento ai figli dei contadini a Jasnaja Poljana (sua residenza di famiglia), alla quale, a partire dal 1959, si dedicherà con molta passione.
Tolstoj ha una fiducia smisurata nei confronti dei piccoli contadini e sostiene che per loro sia necessario attuare un tipo di insegnamento completamente diverso da quello applicato nelle scuole, anche perché il buon Tolstoj, in gioventù, si era molto dato da fare con la mondanità (poi pentendosene) nella città di Kazan’, dove era andato a vivere, ospite di una ricca zia, in compagnia dei fratelli, dopo la morte della madre e dove si era pure iscritto all’ università, prima alla facoltà di Lingue orientali e poi di Giurisprudenza, per poi rinunciare definitivamente a quegli studi (perdette anche parecchi soldi giocando).
Comunque il suo mentore è Rousseau, e dunque Tolstoj da una parte si dedica attivamente al miglioramento della vita dei suoi contadini, tentando una forma rudimentale di emancipazione e scrivendo pagine e pagine sulla questione servitù della gleba (che fu abolita nel 1861), dall’altra Tolstoj nel progresso non ci crede, e ritiene infatti che non vi sia vita migliore che quella nella natura. L’industria, la città, il lavoro nelle fabbriche stanno modificando l’assetto della Russia, rendendola irriconoscibile e danneggiandola irrimediabilmente. Le persone, allontanandosi dalla campagna hanno perso per sempre i legami con le tradizioni e con la vera Russia. Solo i contadini, secondo lui, sono in grado di mantenere vivo questo legame, perché preservano la tradizione vivendo nella natura.
Un altro scrittore grande amico di Tolstoj, Cechov, invece nel progresso ci crede eccome. Innanzitutto per storia familiare: era nipote di un servo della gleba. Il nonno di Cechov però era un contadino testardo tanto da studiare e leggere a lume di candela, riscattarsi attraverso la cultura e comprarsi la libertà con 3200 rupie, cambiare status, diventare commerciante (anche se il padre di Cechov fece fallire la bottega di famiglia e tutto andò male).
Cechov crede nel progresso anche perché è medico, e poi lui nella forza del vapore vede una vera emancipazione, anche quella dei contadini. Perché non crede alle vocazioni generiche, insomma perché mai i contadini dovrebbero essere gli immobili custodi di una tradizione? Cechov si concentra allora sulla condizione contadina, triste e misera, perché l’agricoltura della grande Russia era molto ma molto arretrata.
Il suo amore per il metodo scientifico è sottolineato in una sua famosa lettera: “Non c’è dubbio che essermi occupato delle scienze mediche abbia esercitato una notevole influenza sulla mia attività letteraria; esse hanno significativamente ampliato la portata delle mie osservazioni, mi hanno arricchito di conoscenze, il cui reale valore per me come scrittore può essere compreso solo da chi è a sua volta medico […] La dimestichezza con le scienze naturali, con il metodo scientifico mi ha sempre tenuto in guardia […]. Osservo a questo proposito che i presupposti convenzionali dell’attività artistica non sempre permettono un’assoluta corrispondenza con i dati scientifici; non è possibile figurare sulla scena una morte causata da un veleno come si svolge nellarealtà. Ma il rispetto per il dato scientifico si deve sentire anche in questa convenzionalità, cioè è necessario che al lettore o allo spettatore sia chiaroche essa è solo una convenzione e di aver a che fare con uno scrittore competente. Io non appartengo alla schiera dei narratori che hanno una cattivaopinione della scienza né vorrei mai appartenere al novero di coloro checomprendono tutto da soli”.
A cui fa seguito altra riflessione: “Mi sveglio ogni notte e leggo Guerra e pace. Si legge con tale curiosità e con un senso di stupore tanto ingenuo come se non lo si fosse mai letto prima. Meravigliosamente bello. Non mi piacciono solo i brani dove c’è Napoleone. […]Se io fossi stato vicino al principe Andrej l’avrei guarito. È strano leggere che laferita del principe, un uomo ricco che trascorreva giorno e notte con un dotto-re e che disponeva delle cure di Nataša e Sonja, mandasse odore di cadavere. Inche misero stato era la medicina allora! Mentre scriveva il suo grosso romanzo,Tolstoj deve essersi involontariamente imbevuto di odio per la medicina”
Riferimenti: una tesi di laurea, molto bella che qui allego:
e le lettere di Cechov, dove si impara molto, anche sulla storia di questi giorni
https://www.minimumfax.com/shop/product/ne-per-fama-ne-per-denaro-2435
Poi dite che l’agricoltura non è cultura.