Innanzitutto il nome: deriva dal latino majalem che indicava il porco castrato sacrificato a Maya, antica dea della fecondità e del risveglio della natura. Il maiale è stato addomesticato prima nella regione cinese dello Yangtse e solo un po’ dopo nel Vicino Oriente. Si è partiti dal soggetto selvatico ancora esistente e conosciuto come cinghiale (Sus scrofa), una specie ubiquitaria di questo animale nelle zone di domesticazione avvenuta tra gli 8000 ed i 4000 anni fa. Come per tutti gli altri animali addomesticati, l’uomo ha scelto quelli che prima si “ammansivano”, cioè che non rifiutavano il contatto con lui. Successivamente ne venivano osservate le caratteristiche ed il “nostro maiale selvatico” ne presentava di notevoli: era onnivoro, aveva un’ottima fertilità, aveva un accrescimento veloce e non era concorrente nell’alimentazione dell’uomo perché si accontentava di mangiare i suoi rifiuti (in certe condizioni è addirittura “coprofago”). Ecco, quindi, che fu prescelto e se ne intrapresero le modifiche anatomiche per privilegiare certi bisogni quali quelli di aumentare le masse muscolari, i depositi di grasso e renderlo meno aggressivo. In altri termini si formò un’altra specie animale con depigmentazione della pelle, minor numero di setole, cranio più lungo e largo, ma che conservò il nome del genereSus e della specie scrofa, anche perché non venne snaturato rispetto al cinghiale, aggiungendovi però la sottospecie domesticus per darne appunto la valenza che si era abituato a vivere con l’uomo.
Perché la carne di maiale sia bandita dalle altre due religioni monoteiste ebraica e islamica? Ragioni ben precise e ancoraggi storici ben chiari e precisi non se ne sono trovati. Sappiamo di certo che la proibizione ebraica è di antichissima data, infatti dagli scavi archeologici di siti molto antichi palestinesi si trovano ossa di altri animali, ma non di maiale. Si sono evocate ragioni di ordine sanitario perché l’animale trasmette due parassiti all’uomo la tenia e la trichinellosi ma, secondo i parassitologi, nei tempi antichi erano malattie che non esistevano ancora in Medio Oriente. Si è parlato anche dell’ipotesi dell’impurità dell’animale per la coprofagia succitata, che gli zoologi spiegano come una forma evolutiva nel senso che, essendo animale monogastrico, cerca di appropriarsi delle vitamine contenute nei batteri delle feci. Ma se è per questo motivo anche il coniglio, seppure addomesticato molto più di recente e non in Medio Oriente, dovrebbe essere impuro in quanto anche lui pratica la cecofagia. Una ultima ipotesi è quella del cambiamento climatico, dato che il clima del Medio Oriente è divenuto secco e privo di foreste, e forse anche motivazioni antropologiche legate al cambiamento del paesaggio a causa dell’intensificazione dell’agricoltura, per cui il maiale non trovò più un habitat consono. Per spiegare il precetto islamico contro il maiale occorre ricorrere alle stesse motivazioni ebraiche vista l’interdipendenza delle due religioni e l’inadattabilità all’ambiente desertico.
Dalla Cina alla pianura Padana, sotto l’impero romano: Il cambiamento climatico nel Medio Oriente, che possiamo datare a partire dal Würm IV databile a -18.000 anni, con il lento ritiro dei ghiacci verso Nord e conseguente scoprimento di terre a latitudini superiori, ha determinato anche le migrazioni e di conseguenza si seguivano le grandi prede che si spostavano per il rimontare dei ghiacci. Ciò comportò anche che gli animali già ammansiti o addirittura addomesticati seguissero l’uomo nel suo migrare. Infatti i successivi insediamenti terramaricoli e palafitticoli ci mostrano una vera e propria simbiosi tra l’uomo ed il maiale che aumentò con l’instaurarsi di una vegetazione arborea di zona temperata caratterizzata da querce con ghiande e piante tuberose da luogo umido. Questi insediamenti, che troviamo anche in Italia, avevano già iniziato un florido commercio con altre popolazioni e perfino con il mondo greco, ed uno dei prodotti era appunto la carne di maiale salata e conservata. Ad esempio, l’insediamento protovillanoviano della Frattesina aveva già evidenziato ciò, ma i successivi più recenti ritrovamenti, come l’insediamento del Forcello (V sec. a.C) vicino a Mantova ci hanno dato una dimostrazione lampante di ciò ed addirittura ci ha permesso di quantizzare i prodotti di queste forme di agricoltura e di allevamenti. Le analisi del sito mostrano infatti la presenza di un 68% di maiali, 22/23% ovini e 7/12% bovini. Tuttavia, si sono rinvenute poche ossa di arti, per cui alcuni vorrebbero far risalire a ciò l’origine dei salumi (prosciutti). Gli animali del tempo erano molto piccoli e il maiale non dava più di 40 kg di carne e 25/30 l’ovino. Cosce e gambe anteriori si equivalevano, probabilmente a causa della deambulazione per il pascolamento.
Tutto questo poi divenne molto più organizzato con la colonizzazione romana e si sviluppò sempre più fino a quando l’Europa romana fu invasa dai barbari che avevano ancora più considerazione per il maiale. Successivamente, con il venir meno del controllo delle bonifiche operate dai Romani e la conseguente sparizione delle zone coltivate per il diffondersi di foreste e acquitrini, il maiale fu uno degli animali che più profittò di questa nuova situazione in gergo definita “agricoltura silvo-pastorale”.
Il maiale dopo il disfacimento dell’Impero Romano. La fine dell’impero determinò prima di tuttu un calo sensibilissimo della demografia, lo stanziamento di nuove popolazioni ed il radicale cambiamento del paesaggio con sparizione dell’agricoltura coltivata di tipo greco-romano. Si affermò una agricoltura di tipo silvo-pastorale più consona alle abitudini delle nuove popolazioni, caratterizzata tra l’altro da un cambiamento radicale delle abitudini alimentari. Per il popolo restò l’abitudine di un “prandium” molto parco e vegetale e di una “coena” più sostanziosa e che comprendeva vegetali e pochissima carne. Per gli aristocratici, sia laici che non, si passò a vere e proprie abbuffate di carne ricavate da animali pascolanti nell’incolto boscoso e cacciagione. Si instaurarono le abitudini tipiche dei nuovi popoli. I nobili, quindi, mangiavano cacciagione grigliata o arrostita, simbolo di prestanza fisica, un retaggio della cultura germanica. Caccia e pesca divennero la norma. In questo contesto il maiale, sia quello già addomesticato che il selvatico cinghiale, tra l’altro interfecondi, assume ancora più importanza nell’economia della società del tempo, anche perché la carne bovina era troppo costosa da ottenere, perché gli animali erano allo stato brado, avevano una grande mole e richiedevano estese aree pascolative che però mancavano. Non si era ancora affermato il concetto moderno di stabulazione chiusa e di apporto del foraggio dove sostavano gli animali. Venne anche meno il commercio prevalendo l’autoconsumo. Il cibo carneo sostituiva spesso il denaro e le decime venivano pagate in carne. Il maiale è stato l’animale che più ha approfittato di questi cambiamenti. Le terre vennero addirittura misurate in numero di maiali che vi pascolavano. Il mescolamento culturale sopravvenuto comportò che l’85% degli animali di cui l’uomo si serviva in questa epoca era dato da maiali, a volte intrecciati con i cinghiali e da ovini.
Un salto in avanti nel tempo: Con la scoperta delle Americhe: nel XVI-XVIII sec. fecero ingresso nel Vecchio Mondo i prodotti delle piante portate dalle Americhe, in particolare il mais e la patata. Inizialmente non erano ritenuti alimenti per gli umani dell’Europa e furono destinati all’alimentazione dei maiali, anche perché l’allevamento famigliare del maiale era ormai diffuso. Inoltre, la rivoluzione agronomica illuminista, fondata sulla messa in rotazione delle piante leguminose, determinò l’incremento della stabulazione bovina e di conseguenza la produzione di latte che poi veniva trasformato nei caseifici. La produzione di formaggio “grana”, che interessò tutte la parte della pianura a Sud ed a cavallo del Po portò con sé anche l’allevamento del maiale in quanto si otteneva un sottoprodotto, il siero, ancora contenente grasso e proteine e quindi usato come base per la preparazione delle brode per alimentare gli annessi allevamenti suini. I suinetti da ingrassare erano forniti dagli agricoltori che allevavano una o due scrofe. Uno o due di questi o la scrofa in fine carriera erano macellate per il consumo famigliare. Il XIX secolo, invece, decretò la rivoluzione razziale del maiale: le razze nordiche che erano derivate dall’incrocio con maiali asiatici e poi selezionate per la loro fecondità, l’accumulo di grasso e la rapidità di ingrassamento furono usate per incroci con le razze podoliche italiane quali la Casertana, la Mora romagnola, la Nera di Parma ecc.) . Da questo miglioramento genetico si originò il “suino pesante italiano” ora alla base della norcineria moderna e di buona parte dell’odierno “made in Italy”.
(grazie ad Alberto Guidorzi per aver messo a disposizione questo suo testo)