Che la ricerca scientifica sia sotto finanziata in Italia non è un segreto per nessuno, ma i problemi non sono solo la quantità di fondi disponibili, anzi ci sono problemi che andrebbero affrontati ben prima di aumentare i finanziamenti. Sì, perché come per un vaso col fondo bucato, se prima non si ripara il foro, è inutile aggiungere altro liquido. Il problema è che manca un vero e trasparente sistema di valutazione delle idee e dei progetti. La cooptazione e la preselezione dei progetti è la regola: la valutazione ex-post dei risultati ottenuti è materia sconosciuta in Italia. Quando si richiedono fondi accade di essere finanziati per svolgere quella ricerca sei, sette o dieci anni dopo, quando quell’esigenza se era urgente è già stata risolta e se non lo era, è diventata obsoleta. Poi si chiede 10 e si ottiene 3, senza che venga chiesto se quello stesso progetto può raggiungere i risultati promessi con solo il 30% dei fondi richiesti. Tanto poi nessuno controlla (ex-post) se si raggiungono gli obbiettivi prefissati: l’accordo tacito è io ti finanzio pochissimo, ma non ti controllo. Questo non avviene fuori dall’Italia e se si chiede troppo o troppo poco queste sono entrambe buone ragioni per bocciare la richiesta di fondi. Inoltre, le commissioni di valutazione sono vere enclave. Mentre a tantissimi ricercatori italiani capita di valutare progetti di ricerca esteri, non accade quasi mai di valutare quelli nazionali perché l’unico obbiettivo è di finanziare più o meno sempre le stesse persone e scrivere nei giudizi il meno possibile, con poche parole preconfezionate all’unico scopo di evitare ricorsi. Invece, quando ci bocciano un progetto all’estero, questo viene valutato molto in profondità e dalle critiche scritte capiamo bene dove siamo stati carenti e come migliorare il progetto. Lo stesso identico discorso vale per i bandi per le assunzioni di ricercatori o per gli avanzamenti di carriera. Le regole dei bandi sono inventate di sana pianta: ogni volta cambiano i criteri e se si è lavorato per anni per migliorare secondo alcuni parametri (bibliometrici), si può stare certi che alla volta successiva quei parametri non varranno più. La discrezionalità delle commissioni è eccessiva e non è possibile sapere in anticipo se si è adatti a candidarsi per una posizione. Io stesso sono appena stato bocciato per un avanzamento di carriera nonostante il professore ordinario presidente della mia commissione abbia un valore bibliometrico (H-index) inferiore al mio: come faremo mai a incoraggiare i giovani ricercatori emigrati a rientrare se questo è il clima? Senza le nuove generazioni entusiaste e valutate per la qualità delle loro idee (come avviene all’estero) non avremo innovazioni di prodotto e occupazione altamente qualificata. Anche per questo ho scritto un libro (Scoperta, Codice Edizioni) per svegliare la comunità scientifica e farla partecipare assiduamente al dibattito pubblico sui tanti temi che inquietano e coinvolgono il pubblico. Per offrire ai media, alla magistratura e alla politica del Paese una base scientifica sulla quale poter prendere le difficili decisioni che abbiamo davanti e consentire una ripresa economica, occupazionale e culturale del Paese.