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Home Alla ricerca della madeleine perduta

Ricordi il cibo dell’infanzia? Rosa Granitto (comunicatrice)

da Redazione
28/07/2021
in Alla ricerca della madeleine perduta
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Per me i nonni andrebbero dichiarati “patrimonio dell’umanità”. Chi non può vantare ricordi felici legati alla propria infanzia che non li coinvolgano?

Io ne ho uno che mi riscalda il cuore ogni volta che ci penso: la bruschetta composta da una fetta di pane della lunghezza di 13 cm con solo olio e sale che mangiavo a colazione nei mesi estivi.

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Partiamo dal principio. D’estate, dall’età dei 5/6 anni, preparavo la valigia e andavo in “vacanza” da NonnaMammina e NonnoPapino (come li chiamavo io), distanti 20 km da casa mia, sconvolgendo letteralmente la loro quotidianità. Non solo per la mia incapacità di rimanere in silenzio per un periodo superiore ai due minuti ma perché, puntualmente di notte, sola nella stanzetta dove dormivo, i due quadri sulla parete dinanzi al mio letto mi fissavano. Si trattava di due sorelle in uno e di un pastorello con le sue pecore nell’altro. Nulla di inquietante eh ma sufficiente a farmi alzare ogni notte per chiedere a mia nonna di dormire nella loro stanza. Quella santa donna, pur di non svegliare mio nonno che ronfava da ore, veniva con me e assieme trascinavamo il materasso per terra ai piedi del loro letto così che fossi salva dallo sguardo severo dei miei compagni di stanza. Direte, problema risolto, no? Beh, nella nuova stanza non c’era problema di sguardi e di “rumori”: i 2000 decibel della tv accesa tutta la notte si mescolava con il ronfare assordante del mio dolcissimo nonno. A quel punto sarei voluta tornare dalle pecore e dal pastorello anche trascinando da sola il letto ma il danno era fatto. E così passavo la notte insonne sperando che la stanchezza a un certo punto mi rendesse sorda a quei rumori.

Al mattino però mia nonna, appena mi vedeva comparire sulle scale, indipendentemente se avesse ospiti o stesse facendo altro, attizzava il camino (in Campania a luglio ci sono fissi 38 gradi con un’umidità del 90%) e mi ripagava della nottataccia, che ingenuamente attribuiva alla sola presenza dei quadri, con ciò che più amavo da bambina: una fetta enorme (lunga forse quanto un mio braccio dell’epoca) ben abbrustolita con sopra olio e sale.

Ditemi voi se questa non è felicità!

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