Castello di Fiemme è il paese dove vissi la mia infanzia. In quegli anni nel paese c’erano parecchie piccole stalle di mucche e tanti fienili, tra questi quello dei miei nonni: una stalla con tre mucche, un grande fienile e un’aia in salita. I miei ricordi si riconducono al mese di luglio, quando i fienili si riempivano del fieno nuovo, e il suo profumo invadeva il paese. Eravamo quattro a volte cinque bimbi che si ritrovavano a giocare a pallone nell’aia del fienile dei miei nonni, un campo da calcio improbabile tutto in salita verso una porta sola, il grande portone di legno di larice del tabià (fienile). Verso metà pomeriggio, mentre noi eravamo alla ricerca dei goal, la voce di mia nonna Beniamina ci chiamava: “Popi, vegni che ghe la merenda”. Mia nonna quasi tutti i giorni faceva il burro, ma quando la panna iniziava a montare e prima che diventasse burro, ne toglieva grandi ciotole per noi. L’affondo del cucchiaio nella panna montata era un momento estatico, in quella ciotola in quell’ istante c’era tutto: il gioco, gli amici, i nonni, il loro affetto, il paese, le mucche, il profumo del fieno.