La sera, dalla camera, sentivo i suoi passi nel corridoio, la porta si apriva e lei entrava; vedevo, sbirciando tra le ciglia, l’azzurrino dei suoi capelli bianchi. Si avvicinava in silenzio al mio letto e faceva un movimento leggero nell’aria sopra il mio capo.
“Nel nome del padre, del figlio, e dello spirito santo. Buonanotte Amore della nonna.”
I passi poi si allontanavano sul vecchio marmo e io restavo sola in quella stanza, tutta rassicurata dalla scia di Borotalco che la nonna lasciava dietro di sé. Avessi saputo che la nonna un giorno non ci sarebbe stata più, non avrei chiuso occhio tutta la notte, avrei aspettato l’alba respirando piano per non consumare l’aria. E invece sempre mi addormentavo, e la mattina mi svegliava una nuvolina di caffè della Moka che passava, assieme ad uno spiraglio di luce, sotto la porta.
La nonna mi aspettava in cucina per fare colazione assieme. Lei un bicchiere di caffelatte e pane secco, io una tazzina di porcellana sottile con un ricordo di bordo dorato e gli oro Saiwa “impacchettati caldi” che si disfacevano a contatto col latte macchiato. Alle nove la nonna mi salutava e scendeva in negozio, “prima di andare al mare passa a prenderti la frutta, anche per i tuoi amici”.
Rientravo al tramonto, a casa non c’era nessuno, il negozio chiudeva alle nove. Facevo un bagno poi mi avvoltolavo nel grande asciugamano ruvido e mi cospargevo bene di borotalco anch’io. Quei giorni dalla nonna erano un rifornimento di amore incondizionato, come una boule dell’acqua calda che mi aiutava a sentire meno il gelo dei litigi familiari e scioglieva un pochino quell’insicurezza che, altrimenti, mi avrebbe ghiacciata. Giorni fa ho letto che la Roberts interromperà la produzione di Borotalco, troppi processi per inquinamento dell’ambiente. Sarà…
Da allora, ogni volta che entro in un supermercato, riempio il carrello di buste verdi, come la Pina di Fantozzi riempiva l’armadio di pane, illudendomi così di rendere eterna la buonanotte.