Allora, cos’è questo agrifood 5.0
Per motivi di lavoro e di ricerca sono stato (e sono) molto coinvolto in quella che è stata definita 4° rivoluzione industriale. Tuttavia pur occupandomi di trasformazione digitale da decenni mi è sembrato subito palese che il concetto di “industry 4.0” null’altro fosse se non una metacluster di tecnologie, peraltro non nuove, senza nessuna rivoluzione sociali che ne fosse alla base. E questo approccio pare aver colonizzato anche il foodsystem facendo passare il pericoloso paradigma: tecnologie = sostenibilità.
Ma il punteggio 5.0 a dove arriva?
Foodsystem 5.0 riprende il concetto giapponese di Society 5.0 che si propone come alternativa al modello europeo di Industry 4.0. Allo stesso modo Foodsystem 5.0 si vuole distinguere da quello di Foodsystem 4.0 mettendo al centro dei processi di innovazione tecnologica le persone, le comunità, l’ambiente e la società. Mentre il paradigma dell’Industry 4.0 si riferisce, quindi, a una rivoluzione tecnologica della produzione, l’idea di Society 5.0 introduce un nuovo paradigma per la società.
Spiega
E in questa idea di 5.0 c’è il superamento dei significati attribuiti al 4.0 come processi innovativi nella produzione e nello sviluppo industriale arricchiti dalla necessità di inserire nei processi di trasformazione anche le comunità, i cittadini tutti, rimettendo nella polys la consapevolezza delle nuove frontiere della scienza e della tecnologie. Questo aiuterebbe, com’è sempre stato, a far si che l’evoluzione sia un fatto politico (scusami il termine) e non un destino inesorabile.
Ma come sta il sistema agroalimentare?
A me pare che il sistema agroalimentare sia diventato una vera e propria malattia del mondo, in un momento storico travagliato per l’umanità e per l’ambiente. Tuttavia, per il mondo è davvero difficile scegliere e agire per guarire, pur sapendo quali sono le vie per il cambiamento. Una malattia del mondo che è insieme una passione ossessiva per il cibo e una forma di arricchimento ma anche una pericolosa via verso l’autodistruzione. Di fronte a questo disagio globale mi pare che ogni posizione estremizzata e ogni forma di polarizzazione delle scelte siano antistoriche e disfunzionali: lo è lo sfruttamento estremo del pianeta, con tutte quelle manipolazioni (più o meno consapevoli) che agisce il mercato; e lo sono le posizioni rigidamente ancorate alle questioni di principio e di nostalgia che hanno solo le voci del “no” e del “contro”.
Mi fai allora degli esempi di FoodSystem 5.0, anche in nuce?
Certo, parlare di FoodSystem 5.0 significa andare oltre i modelli convenzionali dell’agroalimentare e abbracciare una visione sistemica, dove l’innovazione tecnologica si sposa con la sostenibilità sociale, ambientale e culturale. Una impresa può orientarsi verso un approccio 5.0 ma la vera risposta evolutiva è sempre una risposta collettiva come può essere, ad esempio, il Food Innovation Hub della Regione Lazio, che si distingue per la sua capacità di coniugare ricerca accademica e pratiche locali. In questi contesti, si promuove l’adozione di nuove tecnologie da parte di piccoli agricoltori che, da soli, non avrebbero accesso a queste risorse.
Questo approccio cosa comporta?
Questo approccio non solo aumenta la competitività delle imprese locali, ma le rende più resilienti e sostenibili a lungo termine, dimostrando come l’innovazione tecnologica possa essere utilizzata per supportare lo sviluppo locale e il benessere delle comunità. Il Food Innovation Hub, che non è semplicemente uno spazio fisico, ma un ecosistema collaborativo dove università, startup tecnologiche, aziende agricole e comunità locali lavorano insieme per sperimentare soluzioni innovative nell’agroalimentare. Si tratta di un laboratorio dove si mettono alla prova nuove tecnologie, come l’intelligenza artificiale, i big data o la blockchain, per ottimizzare la produzione, ridurre gli sprechi e migliorare la sostenibilità.
Un esempio concreto?
Ma se vogliamo parlare di un esempio concreto di FoodSystem 5.0 a me molto caro, dobbiamo guardare alla Cooperativa Nuovo Cilento, una realtà che va ben oltre il concetto di semplice cooperativa agricola. In quasi 50 anni di storia hanno costruito una filiera agroalimentare che parte dal suolo, adottando un approccio innovativo che si differenzia dall’agricoltura biologica tradizionale. Loro praticano agricoltura organica rigenerativa, un modello basato su evidenze scientifiche che non solo preserva la qualità del suolo, ma lo rigenera attivamente, migliorandone la fertilità e la capacità di sostenere la biodiversità. Questa visione rigenerativa si riflette in tutta la loro filiera, dall’agricoltura fino alla distribuzione, con l’obiettivo di creare un impatto positivo per il territorio e per le comunità locali e tutto questo senza mai indulgere a derive nostalgiche e prevedendo il massimo della tecnologia.
La Cooperativa collabora con le Università?
Certo, Cooperativa Nuovo Cilento è di fatto un vero e proprio hub di innovazione nel Parco Nazionale del Cilento. Lavorano a stretto contatto con università e aziende tecnologiche per sperimentare nuove tecnologie e processi. In pratica, svolgono la funzione di un dipartimento di ricerca e sviluppo condiviso per ben 422 microimprese del territorio. Questo è un aspetto fondamentale: da sole, queste piccole aziende non potrebbero permettersi investimenti in innovazione, ma grazie alla cooperativa hanno accesso a un ecosistema che le supporta nello sviluppo di nuove soluzioni e questo sta creando un impatto notevole in termini di diffusione della cultura dell’innovazione sul territorio.
Quindi nessuno si salva da solo e nessuno produce da solo…
Sì, ciò che accomuna tutti questi esempi – dai Food Hub alla Cooperativa Nuovo Cilento – è il ruolo centrale dell’azione collettiva. Il FoodSystem 5.0 non è qualcosa che si realizza isolatamente, ma richiede una rete di attori che collaborano tra loro: comunità locali, produttori, istituzioni, università e aziende. Solo attraverso questa cooperazione interconnessa, è possibile affrontare la complessità delle sfide globali, come il cambiamento climatico, la sostenibilità alimentare e l’equità economica. L’intelligenza collettiva delle comunità è il vero motore dell’innovazione. Non si tratta solo di applicare tecnologie avanzate, ma di metterle al servizio delle persone e dei territori, creando un modello di sviluppo che sia allo stesso tempo sostenibile, inclusivo e rigenerativo. E questo è il cuore del FoodSystem 5.0.