Un giorno, quando ero piccolo, sentii il miagolio di un gattino. Cercai e cercai di capire da dove arrivava il lamento e alla fine capii che il miagolio veniva da una macchina parcheggiata. Come un meccanico mi sdraiai sotto la macchina e alla fine vidi che c’era un cucciolo di gatto, minuscolo, incastrato tra la ruota e il parafango. Infilai la mano e lo tirai fuori: il gattino spaventato tremava e mi artigliava l’avambraccio, ma era così piccolo che non mi procurava nessun dolore. Lo portai a casa e mi mamma cominciò a far storie, non lo voleva, era troppo piccolo e poi- scoprimmo – non muoveva le zampe posteriori. Il veterinario ci disse che sarebbe morto, ma potevamo tentare con delle iniezioni. Mia mamma disse: io non le faccio le iniezioni, non so come farle, e non ho il coraggio di farle, ma il gattino miagolava e con la poca forza che aveva cominciò ad artigliare l’avambraccio di mia mamma, come se chiudesse aiuto. Così mia mamma si convinse e dopo tre iniezioni il gattino cominciò a correre per casa. Mi sono ricordato del gattino quasi 50 anni dopo, quando mia mamma, che non ricorda più niente, un giorno si è alzata col mal di schiena e non riusciva a camminare, l’ho dovuta portare in bagno e lei si è seduta, con fatica e con le unghie si è attaccata al mio avambraccio, ma a differenza del gattino mi ha fatto male, ho provato dolore. Il dottore ha detto che doveva fare delle siringhe e io non ho avuto il coraggio di fargliele, però ho chiamato un infermiere. Mi ha fatto piacere vedere mia mamma dopo tre siringhe ricominciare a camminare per casa, certo, con un passo più pesante e meno fluido di quello che aveva a suo tempo il suo gattino.